Volume - Prefazione di Tonino Cantelmi
Leggi la prefazione del Prof. Cantelmi:
“Gli autori di questo volume denunciano in maniera dirompente l’importanza di lavorare in una sanità incentrata sulla cultura dell’accompagnamento della fragilità, cura intesa come “scienza della prossimità”, che ricerca una metodologia incentrata non solo sulla presa in carico della patologia, ma soprattutto sul progetto di vita del paziente. Questa nuova prospettiva si basa sull’assunto che la persona debba essere intesa, ancor prima della patologia, come portatrice di identità che si costruisce attraverso le relazioni sociali. Negli ultimi anni, ci si sta avvicinando a una “ri-umanizzazione delle cure”, rimarcando l’importanza di una sanità non più incentrata sull’ospedalizzazione, ma su un’assistenza personalizzata e autenticamente integrativa, capace di sperimentare nuovi approcci per affrontare la sofferenza della per-sona nella sua complessità. In questa ottica l’operatore sociosanitario diventa un caregiver, che attraverso l’esperienza relazionale, è in grado di gestire la condizione di bisogno e di dolore del paziente sintonizzandosi e prendendosene cura. Come scrisse Carl Rogers nel libro A way of being: “quando le persone si sentono comprese con sensibilità ed accuratezza esse sviluppano un insieme di atteggiamenti verso sé stesse che promuovono la crescita e sono terapeutici”. In questo nuovo significato, quindi, la relazione diventa di per sé fattore terapeutico. La pandemia ci ha insegnato quanto la relazione sociale sia fondamentale per la salute fisica e psicologica, ha reso evidente la fragilità e ha fatto emergere la necessità di affrontare la sfida sanitaria in termini di solidarietà globale. Tuttavia, in questa era tecnoliquida, l’uso sempre più crescente delle tecnologie tecnomedia le relazioni, creando una distanza profonda che rende sempre più difficile il raggiungimento di valori indispensabili alla relazione: responsabilità, rispetto, apprezzamento delle esperienze culturali, compassione, accettazione dell’alterità e ospitalità della diversità come ricchezza, fondamentali per una ri-umanizzazione delle cure. Secondo recenti ricerche, quando mettiamo consapevolmente al centro della vita motivazioni compassionevoli come l’accudimento, l’aiuto, l’incoraggiamento e il sostegno, queste hanno un impatto di vasta portata sul modo in cui ci relazioniamo con noi stessi, le altre persone e il mondo in cui viviamo. La motivazione che spinge alla cura è soprattutto la compassione che è definita come processo cognitivo, affettivo e comportamentale costituito da 5 elementi che si riferiscono sia alla compassione verso gli altri, sia alla compassione verso sé stessi: 1) riconoscere la sofferenza; 2) comprendere l’universalità della sofferenza nell’esperienza umana; 3) provare empatia per la persona che soffre e connettersi con l’angoscia (risonanza emotiva); 4) tollerare i sentimenti spiacevoli suscitati in risposta alla persona sofferente, rimanendo così aperti e accettando la persona sofferente; 5) essere motivati ad agire per alleviare la sofferenza. Se l’essenza della compassione è “una gentilezza di base”, citando il Dalai Lama, possiamo definirla come “essere sensibili alla propria e altrui sofferenza con un profondo impegno per cercare di prevenirla e alleviarla”. In questa nuova visione del sistema sanitario, il volume pone l’accento sull’importanza della servant leadership come approccio fondamentale, strettamente connesso alla ri-umanizzazione delle cure, in grado di conciliare la formazione specialistica con le soft skill, quali saper ascoltare, provare empatia, avere capacità persuasive, essere consapevoli, riflessivi, ricettivi, attenti e compassionevoli, per offrire una cura nel rispetto del paziente e dei suoi familiari. Nel modello della servant leadership, il management e la leadership sono delle variabili che vanno di pari passo, sono in grado di fungere da guida avvalendosi di un approccio sistemico. Il modello facilita l’incontro con il paziente, tiene conto del contesto prossimale della persona, permette di instaurare una relazione interpersonale profonda basata sull’accoglienza e volta all’incontro della fragilità e del dolore dell’altro. Il punto di partenza è l’esserci, che in ultima analisi richiama all’identità: “esserci, esserci-con, esserci-per”: questo permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’esserci-con) e infine giungere ad un Noi (l’esserci-per). In definitiva, di fronte alle incertezze valoriali dell’attuale società postmoderna il sistema sociosanitario ha ancor di più, il compito fondamentale di prendere in carico la persona nel complesso di vita e delle relazioni, diventando un’organizzazione che sappia lavorare in una rete di relazioni. L’umanità comune consiste nel riconoscere che la condizione degli altri non è separata dalla propria. La sofferenza è un denominatore comune dell’esperienza umana che consente agli individui, nonostante le loro differenze, di capirsi, relazionarsi e connettersi l’un l’altro. L’auspicio, dunque, è riuscire a creare quello spazio di libertà, concesso dalla e nella sofferenza”.