Rassegna stampa degli articoli pubblicati sul caso
Giulia Cecchettin. Cantelmi: “Fragilità maschile che cortocircuita nell’aggressività e nella violenza”
Fonte: AGENSIR del 29/11/2023 Articolo di Giovanna Pasqualin Traversa
Non un unico fattore scatenante, ma un mix esplosivo che porta ad un vero e proprio cortocircuito. C’è questo, per lo psichiatra Tonino Cantelmi, direttore sanitario dell’Istituto don Guanella di Roma e presidente dell’Itci (Istituto di terapia cognitivo interpersonale), alla base dell’orribile uccisione di Giulia Cecchettin, dopo la quale il tema della violenza maschile sulle donne sembra essere davvero entrato nel dibattito pubblico. C’è chi parla di cultura patriarcale, di un raptus di follia, di un mostro mimetizzato all’interno di un’apparente normalità. Per Cantelmi il vero problema è la fragilità della figura maschile.
Professore, si è parlato di cultura patriarcale, di follia, di immaturità relazionale. Secondo lei, che cosa c’è dietro questo ennesimo femminicidio che ha particolarmente colpito l’opinione pubblica?
Non credo si possa ridurre ad un fatto culturale; qui – come in molti casi analoghi – si è verificato un corto circuito. Esiste una profonda fragilità maschile, che cortocircuita nell’aggressività e nella violenza come unico rimedio al senso di frustrazione e di impotenza.
Un processo complesso, legato soprattutto all’immaturità relazionale, ossia all’incapacità di relazioni autentiche, il vero tema centrale di questo inizio di terzo millennio. La clamorosa e drammatica fragilità del maschile, legata anche al crollo di modelli culturali rassicuranti, si fonde con la grande crisi della relazione interpersonale che oggi caratterizza ogni ambito del vivere. Ma c’è anche un altro aspetto.
Quale?
Il contesto generale della nostra società, imbarbarita e sempre più violenta – anche per la crescente diffusione dell’uso di cocaina e altre sostanze psicotrope – all’interno della quale l’aggressività personale viene sempre più agita come modalità di risoluzione dei conflitti.
Tornando alla fragilità maschile, da dove nasce?
In decenni di progressiva erosione, se non di eclissi, della figura paterna, è venuta meno la trasmissione dei modelli autenticamente maschili, indispensabile per la formazione di un’identità maschile equilibrata e compiuta. Il bambino, dopo i primi anni di vita, ha bisogno di “distaccarsi” gradualmente dalla figura materna per “avvicinarsi” alla figura del padre che dovrebbe essere in grado di accompagnarne e sostenerne il processo evolutivo. Negli ultimi decenni, purtroppo, questa dinamica di identificazione maschile si è indebolita, con la conseguenza di giovani maschi, ma anche uomini cinquantenni, molto fragili perché privi di un’identità certa e compiuta.
Che ruolo gioca in tutto questo il grado di libertà, istruzione, emancipazione raggiunto dalla donna? Giulia è stata, non a caso, uccisa alla vigilia della laurea dall’ex fidanzato rimasto indietro negli studi.
Negli ultimi anni all’interno dell’universo femminile si è realizzata un’autentica “mutazione genetica” in termini di autonomia, assertività, successo professionale. Traguardi conseguiti in tempi brevi con cui molti uomini non hanno ancora imparato a fare i conti. Per un maschio fragile, una donna risolta e assertiva può essere percepita come antagonista, “aggressiva” o addirittura “minacciosa”.
Un aspetto di competizione maschile che mi sembra evidente anche in questa vicenda: la frustrazione di fronte alla brillante carriera accademica di Giulia che fa sentire il suo ex inadeguato; da qui, oltre che per l’abbandono, la sua violenza distruttiva.
Lei ha sottolineato anche l’incapacità odierna di relazioni autentiche. Che cosa intende dire?
La maggior parte delle relazioni uomo-donna è oggi caratterizzata da narcisismo, mancanza di vera empatia, appiattimento sul presente. Più che sulla profondità del sentimento e sulla condivisione di una visione e di un progetto di vita, si gioca sulla ricerca nell’immediato di emozioni forti, concentrandosi solo sul presente, finché dura. In questo modo però la coppia è incapace di elaborare e gestire i conflitti che finiscono inevitabilmente per risolversi con la rottura, talvolta anche violenta, della relazione.
È stato annunciato un progetto di educazione affettiva nelle scuole. Al di là di questo, di cui non si conoscono ancora i contenuti, chi dovrebbe “insegnare” ai giovani l’importanza e il modo per costruire relazioni affettive sane? I genitori?
Magari! Dovremmo essere noi a parlare con i nostri figli di educazione affettiva e di sessualità. Ma prima di parlare di sesso – che oggi i nostri figli “imparano” su Pornhub e Youporn, per citare solo due tra le piattaforme più invasive del web –occorrerebbe far capire loro il valore dell’intimità, della condivisione, del rispetto, della reciprocità.
Le emozioni, anche quelle forti, sono il passo successivo. I nostri figli, però, hanno spesso a che fare non con genitori autorevoli adulti di riferimento, bensì con adultescenti ancora invischiati nei loro aspetti adolescenziali e incoerenti con il loro ruolo genitoriale. E poi, più che le parole, conta la testimonianza di una relazione felice tra mamma e papà; relazione che invece oggi è spesso estremamente scadente.
Evento “Come dire no alla violenza”
Venerdì 24 novembre, al Mammamia di Riccione, si è svolto l’incontro “Come dire no alla violenza”: magistrati, psichiatri, influencer, esperti, enti e istituzioni hanno affrontato il tema del Gender Gap. L’evento si è svolto a Riccione, mentre alcuni ospiti, tra questi il Prof. Cantelmi, erano collegati dagli studi radiofonici di Rai Radio1. Ascolta il dibattito su Raiplaysound.
Audio evento “Come dire no alla Violenza”
Violenza contro le donne. Un problema di fragilità del maschile
Fonte: semprenews.it del 24/11/2023 articolo di Irene Ciambezi
Sono 106 le donne uccise fino ad oggi. Ma a superare il nostro paese in Europa restano Lituania, Lettonia e Croazia. Lo psichiatra Tonino Cantelmi: «Al di là dei proclami, occorre un’educazione psicoaffettiva.»
Nuovo DDL antiviolenza. 19 articoli che rafforzano il Codice Rosso. Attenzione ai reati spia del femminicidio. Inasprimento della pena, arresti in fragranza in differita, braccialetto elettronico, specializzazione dei magistrati che si occupano di questi temi, aiuto concreto alle vittime.
Si moltiplicano in queste ore le campagne di sensibilizzazione e gli spot contro la violenza maschile sulle donne. La Rai sfida gli uomini maltrattanti con una campagna di sensibilizzazione, in onda fino al 30 novembre con tre spot, che narra un femminicidio da tre punti di vista, quelli di una madre, di un padre e dei figli.
La Coop ha lanciato la campagna “Il silenzio parla” dell’agenzia Naked Studio, in sinergia con Differenza Donna ente che gestisce il numero nazionale antiviolenza e antistalking 1522 per conto del Dipartimento per le Pari Opportunità. Una gamma di biscotti a marchio vestita completamente di bianco, con in evidenza solo un QR code che rimanda a un podcast di 7 storie di donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza.
E poi c’è lo spot “Io la contrasto! Dedicato a Giulia” realizzato dalle atlete del Montespaccato Calcio, squadra nella Serie C femminile, dal 20 novembre sui canali social. Le atlete hanno anche stampato sulle loro maglie il logo del 1522 per diffondere il più possibile il numero multilingue per chiedere aiuto.
Tutti spot al femminile, in cui le protagoniste sono le donne e le voci narranti pure. Legittimo se si vuole diffondere un numero che è utile a loro per chiedere aiuto. Ma non sufficiente se si vuole raggiungere i potenziali maltrattanti.
Il nuovo disegno di legge. Dati allarmanti dei femminicidi in Italia
Dell’altro ieri la tragica notizia del femminicidio a Fano di una donna di 66 anni, per mano del marito.
Sale a 106 dunque il numero delle donne uccise nel 2023. I dati del Viminale spaventano: +4% rispetto all’anno precedente. E 82 le donne uccise in ambito familiare secondo il report della Direzione centrale della polizia criminale. Anche se in pole position in Europa restano tragicamente Lituania, Lettonia e Croazia per uccisioni di donne in famiglia.
Già si erano inasprite le norme previste nei casi di violenza grazie alla riforma Cartabia in vigore da marzo, affidando maggiori strumenti al giudice per tutelare le vittime, escluderne la comparizione personale all’udienza, o disporre l’udienza da remoto. Fondamentale soprattutto il divieto di mediazione familiare quando pronunciata sentenza penale di condanna o di applicazione della pena, e l’obbligo di segretezza di indirizzo della vittima e di nominativi dei testimoni.
Cosa dice il nuovo DDL antiviolenza
Ora il governo accelera l’approvazione di un rafforzamento del Codice Rosso con la discussione in Senato del nuovo Ddl firmato dalla ministra per la Famiglia, la natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi e del Ministro della giustizia Carlo Nordio che mira ad un piano di prevenzione sistematico e a maggiore protezione delle vittime di violenza.
Il Consiglio dei Ministri lo aveva approvato a giugno proprio per tutelare di più le vittime – si legge sul sito delle Pari Opportunità – accrescendo l’attenzione verso i “reati spia” e inasprendo le misure cautelari, come l’utilizzo più rigoroso del braccialetto elettronico, e prevedendo l’arresto anche in “flagranza differita” ossia fondata sulla documentazione video-fotografica o dalle app.
Il disegno di legge favorisce anche la specializzazione dei magistrati che si occupano di questo reato, prevede l’obbligo di “circolarità informativa” per migliorare la protezione delle vittime in caso di estinzione, inefficacia, revoca o sostituzione di misure cautelari coercitive per gli autori di violenza. Infine stabilisce percorsi di recupero con esito favorevole accertato dal giudice per accedere alla sospensione condizionale della pena, e introduce un contributo anticipato in favore della vittima o, in caso di morte, dei familiari in condizioni di bisogno.
Lo psichiatra: al di là dei proclami occorre educare
Proprio sull’educazione punta anche lo psichiatra, Tonino Cantelmi, il primo ad aprire a Roma un centro per la sessodipendenza e a scrivere degli effetti dei social sulla mente umana. Avverte che è urgente educare ragazzi e uomini, e non limitarsi solo a manifestazioni contro il patriarcato.
«Io credo che dovremmo spostare l’attenzione: tutti diciamo che è colpa del “patriarcato” ed è dunque un fatto culturale. Ma penso che sia solo in parte così. Il tema da mettere a fuoco è piuttosto la “fragilità del maschile”.Questo significa da un lato promuovere una educazione psicoaffettiva già nell’infanzia, ma anche, quando ci sono segnali espliciti, come sembrerebbe nella storia di Filippo, curare! In molte situazioni il rivolgersi ad uno specialista (psichiatra, psicoterapeuta) è stato fondamentale per evitare finali tragici».
Da coinvolgere sono dunque gli uomini stessi perchè crescano nel rispetto e nella collaborazione tra maschile e femminile.
I programmi di educazione all’affettività che tanti vorrebbero rendere obbligatori nelle scuole, in realtà sono esperienze già esistenti in diversi ambienti. Ne è un valido esempio il progetto Pioneer, avviato con la collaborazione dello psichiatra romano da un team di professionisti della mente.
«La nostra esperienza è stata quella di avviare un vasto programma di educazione psicoaffettiva (il Progetto Pioneer) e un nucleo di psicoterapeuti specializzati sulla violenza di genere. Credo che questa sia la strada, al di là dei proclami che dopo ogni evento tragico vengono effettuati».
Tra i sostenitori anche il noto attore Giovanni Scifoni e l’illustratore Marco Mancia.
Morte di Giulia Cecchettin, la psicologa: “La prima responsabilità si costruisce in famiglia”
Fonte: Fortuneita del 20/10/2023 articolo di Margherita Lopes
Mentre l’Italia piange la morte di Giulia Cecchettin risuonano forti le parole di papà Gino e della sorella Elena: “Vogliamo dare un messaggio: a noi Giulia manca immensamente, ma non tornerà. Da questa vicenda deve nascere qualcosa. Noi come famiglia ci impegneremo attivamente affinché queste cose non accadano più ad altre ragazze”, ha detto l’uomo. Ma come proteggere le ragazze dalla violenza di chi dice di amarle, come interrompere questa catena di femminicidi?
“Dopo la tragedia di Giulia – dice a Fortune Italia Antonella Elena Rossi, psicologa, criminologa, membro commissione pari opportunità Regione Veneto – da più parti si invoca l’educazione sentimentale e sessuale a scuola. Ma da psicologa la prima cosa che mi viene da invocare è un ritorno al dialogo in famiglia e all’assunzione di responsabilità dei genitori. Mi spiace per tutti coloro che vorrebbero dare questa responsabilità alla scuola – continua Rossi – ma la prima responsabilità si costruisce in famiglia“.
Il padre di Giulia
“Ho letto sui giornali le dichiarazioni del padre di Giulia, un padre che ha la forza di affrontare l’ennesimo lutto in un anno, e nel suo cuore spezzato dal dolore – sottolinea Rossi – riescono a farsi strada parole di amore per la sua piccola gemma preziosa, che possa riposare con la madre, quasi a cercare di trovare un filo con il suo angelo volato via troppo presto. Un uomo con gli occhi pieni di angoscia ma asciutti, un uomo che fa il padre in ogni momento, non abdicando mai, non crollando mai, nonostante le prove della vita, perchè ci sono Elena e Davide. Un padre solido che non ha mai perso di vista il fatto di essere prima di tutto genitore, un uomo che dopo la perdita della moglie ha tenuto tutto insieme, ha condiviso la fatica del vivere e ha responsabilizzato i figli, nessuno si è pianto addosso, nessun cedimento: Giulia aveva portato a termine il suo ciclo di studi , Elena è una lottatrice. Una famiglia che ha trasformato il dolore nella spinta ad onorare chi non c’è più“.
Il padre di Filippo
È durata mille chilometri la fuga di Filippo Turetta, l’ex di Giulia accusato di averla uccisa, fermato in Germania, vicino Lipsia. “Del padre di Filippo la prima affermazione che mi colpisce è ‘gli abbiamo dato tutto’. Non voglio assolutamente giudicare questo padre, ma è evidente che Filippo covava la sua rabbia e la sua fragilità da molto lontano: i raptus – dice Rossi – non sono interruttori, ma la fine di un processo e di segnali ignorati dalla famiglia. Al contrario di Giulia, Filippo è un ragazzo fragile che aveva difficoltà ad affrontare la vita, purtroppo questi ragazzi vanno in pezzi facilmente, nella misura in cui hanno famiglie in cui il fallimento non è contemplato”.
“Il padre di Filippo dice di aver pensato che ‘fosse un figlio perfetto, perché non mi aveva dato mai nessun problema, né a scuola, né con i professori, mai un litigio con qualche compagno di scuola o che altro. Mai. Con il fratello più piccolo neanche una baruffa’. In quel figlio perfetto si racchiude tutto – continua la psicologa – Nessun figlio è perfetto, i ragazzi tornano tardi, discutono, cercano la propria identità anche attraverso il confronto, ed è attraverso il confronto che conosciamo i nostri figli. Quanto questo padre conosceva suo figlio?”.
Segnali ignorati
“Mi spiace per il padre di Filippo, che sicuramente sarà dilaniato dal dolore – riflette Rossi – ma sono stati ignorati molti segnali del suo malessere, come lo sminuire il fatto che lui controllasse il cellulare di Giulia, facesse mille telefonate e dipendesse da questo rapporto” prosegue la psicologa.
“Questa dipendenza affettiva – evidenzia la psicologa – viene dal sottovalutare segnali e dal continuare ad assecondare atteggiamenti rinunciatari, non spronando il proprio figlio ad affrontare le difficoltà della vita. È qui che inizia la vera educazione sentimentale, dal rispetto. Comincia da non colludere con i propri figli, ma accompagnarli attraverso le difficoltà della vita”.
La fragilità del maschile
Insomma, va bene l’educazione sentimentale, l’impegno della scuola, ma resta fondamentale la famiglia. D’altra parte, come dice a Fortune Italia Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta specializzato in neuro-sviluppo, professore di Psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma, occorre tener conto della “fragilità del maschile: c’è una quota di maschi che non riesce ad adeguarsi ai grandi cambiamenti della società. E c’è anche da da dire – aggiunge Cantelmi – che lo stereotipo di genere è incrementato oggi dai social“.
Una società che ha bisogno di padri solidi
Il minuto di silenzio nelle scuole per Giulia e le altre vittime di femminicidio non risolve l’esigenza di interrompere questa catena di violenze. Per Rossi è il momento di guardarsi dentro: “Abbiamo bisogno di padri solidi, che educhino allo sforzo, alla responsabilità. Abbiamo bisogno padri regolativi che si confrontino con i propri figli e non chiudano gli occhi davanti alla fragilità. I figli perfetti non esistono, nemmeno i genitori perfetti: esistono famiglie dove si giustificano sempre i figli e non è mai colpa loro, e si crescono narcisisti maligni. Ma esistono anche famiglie dove la sofferenza viene trasformata in un bene, che è talmente grande da offuscare il male”, conclude la psicologa.
Una riflessione dopo Giulia Cecchettin: Chi parla ai giovani di sesso e relazioni?
Fonte: Famiglia Cristiana del 23/11/2023 articolo di Orsola Vetri
I casi di abusi e violenze che sempre più spesso riempiono le pagine di cronacaci costringono a interrogarci su dove nasca un così difficile rapporto dei nostri figli con la sessualità e l’affettività, Ne parliamo con lo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi, docente presso la Gregoriana di Roma.
È la mancanza di educazione sessuale e affettiva la causa dei casi di violenza di gruppo? Siamo di fronte a un’emergenza?
«Mi sembra una situazione davvero problematica: i nostri figli subiscono una erotizzazione precoce già nell’infanzia (vengono a contatto con contenuti sessuali precocemente e troppo persistentemente) e inoltre la pornografia ha sfondato il limite degli 11 anni. Perciò ricevono una educazione sessuale da Pornhub e Youporn, per citare solo 2 delle piattaforme più invasive del Web. Secondo voi dove hanno imparato i comportamenti predatori e crudeli di cui tanto si è parlato?».
Un tempo il sesso era tabù, non se ne parlava con i genitori, poco con gli amici. È un bene o un male che ora si affronti così esplicitamente?
«È un male. L’erotizzazione precoce compromette la capacità di gestire l’intimità in modo più sano e ampio. Non a caso i cortocircuiti sessuali e aggressivi sono troppo frequenti nei ragazzini e negli adolescenti. Inoltre l’erotizzazione precoce è un fenomeno che si correla a un maggior rischio di disagio psichico, in modo particolare alla loneliness, cioè a quella dolorosa percezione di solitudine che accompagna molti adolescenti e soprattutto quelli più smart sui social».
Parlando di sessualità c’è un confine oltre il quale i genitori non dovrebbero andare per rispetto dei figli?
«Magari noi genitori parlassimo di sessualità e di educazione affettiva! Purtroppo i nostri figli non hanno davvero adulti di riferimento autorevoli: spesso, infatti, più che di adulti dovremmo parlare di adultescenti, cioè adulti che non hanno ancora risolto i temi adolescenziali e si comportano in modo assai incoerente con il ruolo genitoriale».
Quanta influenza ha la famiglia e quale è il suo ruolo nell’educazione sessuale? E la scuola?
«Verso gli 11 anni i ragazzini perdono fiducia negli adulti. A quell’età si completa la “smartphonizzazione” di quasi tutti i figli. Cosicché i ragazzini partecipano a comunità virtuali nelle quali, anche attraverso influencer e youtubers, costruiscono il loro sapere, in modo svincolato dagli adulti. Così si creano due mondi paralleli: la famiglia, la scuola, l’oratorio, i catechisti da un lato e i social e il Web dall’altro. Quale dei due mondi sarà più influente sullo sviluppo dei nostri figli? Eppure non c’è da perdersi d’animo: un adulto autorevole, coerente e affascinante è al momento ancora più attrattivo dei social!».
L’educazione sessuale e affettiva va affrontata diversamente con i maschi e con le femmine?
«No, va affrontata insieme e soprattutto va inserita nell’ampio tema dello sviluppo psicoaffettivo. Che senso ha parlare di sesso senza insegnare la costruzione di relazioni affettive e senza imparare il gusto dell’intimità, della condivisione e della reciprocità? A parlare di sesso e basta ci pensa la pornografia e a banalizzare la sessualità ci pensano i social. Solo questo può aiutare i maschi a imparare il rispetto dell’altro sesso».
Quali sono i danni della pornografia?
«La pornografia insegna il disprezzo, la manipolazione finalizzata al piacere anonimo, la crudeltà. L’intimità, invece, è empatia e reciprocità. E della pornografia sono vittime anche le ragazzine: imparano a sottomettersi e a considerarsi solo oggetto di piacere. Guardate il proliferare di pornografia light sui social: alcuni profili di ragazzine sono impressionanti per l’inconsapevolezza del loro agire. I social hanno aumentato il gender gap e sono pieni di luoghi comuni orribili».
A che età iniziano i ragazzi ad avere i primi approcci e poi relazioni?
«L’erotizzazione precoce ha precocizzato anche gli approcci sessuali. Durante la pandemia abbiamo avuto lo sfondamento del limite di 11 anni tra gli utenti della pornografia. E soprattutto non c’è gradualità. La conseguenza è il furto della felicità scambiata con stereotipi: i maschi debbono essere un po’ predatori e le femmine debbono accontentarli. Non ci crederete, ma i nostri figli vivono continuamente stereotipi di questo tipo, alimentati da social e porno».
Quali sono le parole giuste di un genitore al figlio adolescente che ha iniziato ad avere una vita amorosa?
«Le parole non servono: il problema è che spesso la relazione affettiva tra i genitori è così scadente e deludente che nessuna parola può essere efficace. La miglior risposta? Una relazione affettiva felice tra mamma e papà».
https://www.famigliacristiana.it/articolo/chi-parla-ai-giovani-di-sesso-e-relazioni.aspx