Giornale Italiano di Psicopatologia/Italian Journal of Psychopathology - Volume 17 Marzo 2011
La psichiatria ai tempi di Internet: nuove vulnerabilità, espressività psicopatologiche e potenzialità terapeutiche
Eterogeneità delle condotte additive nell’era del narcisismo digitale
- Cantelmi
Giornale Italiano di Psicopatologia
Sapienza Università di Roma
Sono passati pochi anni da quando sono stati introdotti i primi social network. Da allora si è assistito ad una impressionante moltiplicazione di profili personali e di gruppi di amici digitali che non avremmo mai sognato di avere prima. Il web 2.0, la rete partecipativa, a seconda di molti, incoraggia lo sviluppo della cultura narcisistica, l’esibizione di identità artefatte e seducenti, da poter essere amate da chiunque. Facebook, Twitter, Myspace, Youtube, ogni cosa può alimentare il culto della personalità, con parossismi sconcertanti, come la web tv personale online 24 ore su 24 o le digital footprints (impronte digitali) lasciate in giro sui vari social network per essere ri-conosciuti. Cresce così una sorta di presenzialismo digitale, dove apparire è ben più importante dell’essere, dove il numero di contatti o di amici diviene la misura del grado di appeal e di valore personale. Secondo un’indagine svolta dall’autorevole Pew Research Center, almeno un navigatore americano su due digita il proprio nome sui motori di ricerca per controllare “cosa si dice”. E si eccita, o si deprime, a seconda di quello che legge. Tutto si gioca su un’effimera gara di numeri, su un contatore, che genera stati di esaltazione o depressione nella vittima. “I blogger sono tra i più colpiti da questa sindrome, e spesso danno vita a infinite meta-discussioni che trasformano l’oggetto (blog) in soggetto e il soggetto (blogger) in oggetto. Nasce la necessità di un confronto continuo finalizzato ad appagare questo bisogno di conferme” (Pereira, 2009). Una forma di narcisismo digitale per il quale ora è stato elaborato anche un quoziente numerico, denominato QDOS. Basta digitare l’URL http://qdos.com, inserire i diversi profili di social network su cui si è attivi, e il sistema elabora automaticamente un punteggio. Quello che viene preso in considerazione non è soltanto il numero di volte che il proprio nome compare online (come fanno i motori di ricerca), ma anche parametri come l’impatto e la frequenza delle attività. Un must per ogni “ego-surfer” che si rispetti. Ma si può parlare di Sindrome da Narcisismo Digitale (SND)? Secondo alcuni blogger sì, suggerendo addirittura, forse in modo provocatorio, di diagnosticarla attraverso la presenza o l’assenza di alcuni sintomi (si può parlare di SND se si presentano nell’individuo più di 5 dei seguenti segni clinici):
- essere sempre al centro della “web attenzione”;
- impegnati a concentrati a soddisfare i propri bisogni;
- non tollerano rinvii od ostacoli;
- seducenti, convincenti e manipolatori;
- competitivi, esibizionisti e megalomani;
- arroganti, egocentrici, intimidatori e aggressivi;
- talora sprezzanti, invadenti, insensibili;
- sentendosi superiori agli altri pretendono privilegi e riconoscimenti;
- non accettano critiche né consigli, né di dipendere da altri;
- affascinati da chi è sotto i riflettori ma anche molto invidiosi;
- proiettano lembi del proprio sé sugli altri per soddisfare i propri bisogni;
- ostacolato il narcisista reagisce con scoppi di rabbia o più raramente con distimia e sintomi depressivi.
Laura Buffardi, psicologa italiana in forza alla University of Georgia, ha recentemente pubblicato uno studio condotto su 130 profili di Facebooker (gli utenti di Facebook) evidenziando come il numero di amici, il tipo di immagini e i commenti associati a un profilo costituiscano una misura attendibile del grado di narcisismo dell’utente. I narcisisti, infatti, pubblicano sulle loro pagine le foto più glamour, quelle in cui compaiono “più belli” e trendy, mentre i “normali” utilizzano preferenzialmente foto banali, magari scattate al volo con un telefonino o una webcam (Buffardi, 2009). Come accade per altre sindromi, la SND potrebbe virtualmente originare (o semplicemente accompagnarsi) altri fenomeni psicopatologici più o meno rilevanti, più o meno persistenti, come ad esempio la Internet Addiction (IA) o dipendenza dalla Rete come viene meglio conosciuta in Italia.
Bibliografia
Cantelmi T, et al. Avatar. Edizioni Magi 2010.