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Pubblicato il 31/10/2023
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Articolo di quotidianosanita.it

È sorprendente che in alcune Regioni la specializzazione in psicoterapia non sia stata nemmeno citata come titolo di studio per essere nominati psicologi di base. E questo è ancora più strano se si considera che su 120.000 psicologi italiani, 70.000 sono psicoterapeuti specializzati e 19.000 specializzandi che, dopo aver conseguito la laurea, si sono impegnati per quattro anni in una scuola di specializzazione, dove hanno acquisito le competenze per svolgere anche le funzioni dello psicologo di base”. Per fare un’analogia del tutto ipotetica, è come se pur disponendo di un numero elevatissimo di Specializzati in Medicina Interna, non li si prendesse in considerazione per il ruolo di Medico di Medicina Generale e si creasse invece una nuova specialità o ci si rivolgesse a laureati senza specializzazione. A dirlo il presidente della Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, Francesco Mancini, in occasione del convegno organizzato, presso l’Istituto di Psicologia della Università Pontificia Salesiana, dal titolo “La valutazione tra pari nelle scuole di psicoterapia cognitivo-comportamentale a garanzia della qualità della formazione e degli interventi in ambito di salute mentale”.

Il Convegno è stato promosso dalla Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, anche allo scopo di cercare un punto di convergenza tra le Istituzioni e il mondo professionale, sul profilo e il tipo di formazione necessaria al venturo psicologo di base perché garantisca il migliore servizio di cura ai cittadini, nei contesti e nelle situazioni in cui si troverà ad operare. C’è infatti un cambiamento epocale che sta avendo luogo negli ultimi anni: la cura psicologica viene definitivamente sdoganata come una necessità di pari status rispetto alle altre cure sanitarie. Nel nostro Paese il “bonus psicologo” per le famiglie – è stato ricordato – è stato il primissimo tentativo di affrontare l’emergenza post-pandemia in termini di equità, nel 2021, con una misura limitata a 600 e poi a 1500 euro all’anno. Poi si sono sovvenzionate le ASL per aumentarne le munizioni psicologiche, ed è nato un fondo del Ministero della Salute per sostenere giovani tra 6 e 18 anni e malati oncologici. Passo dopo passo, ma in breve tempo, disporre di sostegno psicologico sul territorio a portata di mano per ogni tipo di sintomo è diventato un aspetto apertamente apprezzato dalla cittadinanza e un impegno ufficiale delle amministrazioni pubbliche.

Le più recenti evoluzioni di questo percorso sono il Ddl Ciocchetti e il Ddl Lupi, che propongono l’istituzione di un servizio di psicologia primaria nelle nascenti Case di Comunità e in ultima analisi di uno “psicologo di base” territoriale, al fianco del medico di base e del pediatra, almeno per una prima accoglienza e valutazione dei casi. L’introduzione di questa nuova figura, che è da tutti ritenuta una innovazione eccellente, sta suscitando tuttavia alcune controversie in merito al profilo professionale più adatto. Ma secondo Mancini “si ha l’impressione che le Istituzioni non pongano sufficiente attenzione alla psicoterapia, confondendola troppo spesso con la psicologia tout court, con conseguenze non sempre positive per i cittadini”. Ciò sorprende perché è ampiamente riconosciuto quanto la legislazione italiana sia tra le più evolute nel garantire un alto livello di cure psicologiche. E ciò grazie alla legge 56/89 che ha istituito la professione di psicologo e disciplinato il campo della psicoterapia. All’art. 3, infatti, si legge: “L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia … presso scuole di specializzazione universitarie o presso istituti a tal fine riconosciuti”.