Fonte: Convegno "La Frontiera viva: l'eredità di Vittorio Guidano" - 
Intervento del Prof. Tonino Cantelmi del 10/10/14

 

1.    INTRODUZIONE: LA POSTMODERNITÀ TECNOLIQUIDA

“Tecnoliquido” è il nuovo scenario naturale che si staglia sullo sfondo dell’umanità postmoderna e che segna una mutazione antropologica senza precedenti, quella che coinvolge i “mobile born” e gli “immigrati digitali”, abitanti del mondo liquido postmoderno di baumaniana memoria e cittadini di quella che viene oggi definita “società incessante”: una società sempre attiva, sempre più incapace di staccare la spina (ITSO ”Inability To Switch Off”, così si chiama la sindrome che affligge i workalcoholic del III millennio), sempre lì a digitare, a twittare, a condividere, senza differenze tra giorno e notte, tra feriale e festivo, tra casa e ufficio, come se fosse avviata verso una colossale dipendenza dalla “connessione”(Cantelmi 2013).
La “società incessante” è caratterizzata, infatti, dall’abbraccio ineludibile tra il mondo liquido, così come annunciato di Zygmunt Bauman, e la rivoluzione digitale così come proposta da Steve Jobs.
Ecco perché nell’oscurità del postmoderno parliamo di “tecnoliquidità”, quale nuovo paradigma esplicativo dell’espressività fenomenologica della mente tecnoliquida.
La ricerca di emozioni (sensation seeking), il narcisismo pervasivo e l’ambiguità sono esaltati dalla tecnologia, definendo così le caratteristiche dell’uomo postmoderno nell’era digitale.
In altri termini, la rivoluzione digitale e la virtualizzazione della realtà intercettano, esaltano e plasmano alcune caratteristiche dell’uomo liquido: il narcisismo, la velocità, l’ambiguità, la ricerca di emozioni e il bisogno di infinite relazioni light. La caratteristica fondamentale della socialità tecnoliquida è la tecnomediazione della relazione.
L’inizio del III millennio è stato contrassegnato dalla più straordinaria ed epocale crisi della relazione interpersonale. In fondo la tecnologia digitale ne è la risposta e forse anche una concausa, come se, in una sorta di causalità circolare, l’esplodere della rivoluzione digitale avesse intercettato una crisi della relazione in parte già esistente e al tempo stesso ne avesse accelerato drammaticamente lo sviluppo. Tuttavia sostengo che alla base della crisi della relazione interpersonale ci siano almeno tre fenomeni, essi stessi amplificati a dismisura dalla inarrestabile rivoluzione digitale.
I tre fenomeni sono i seguenti:
– l’incremento del tema narcisistico nelle società postmoderne (di cui gli innamoramenti in chat e le amicizia in facebook sembrano essere i corrispettivi telematici), sostenuto da una civiltà dell’immagine senza precedenti nella storia dell’umanità;
– il fenomeno del sensation seeking, caratterizzato da una sorta di ricerca di emozioni, anche estreme, capace di parcellizzare e scomporre l’esperienza interumana facendola coincidere con l’emozione stessa (è come se tutta la relazione interpersonale coincidesse con l’emozione);
– il tema dell’ambiguità, cioè la rinuncia all’identità e al ruolo in favore di una assoluta fluidità dell’identità stessa e dei ruoli, con la conseguente rinuncia alla responsabilità della relazione ed alle sue caratteristiche generative.
Il trionfo dell’ambiguità e della fluidità dell’identità impediscono una stabile assunzione di identità (esserci), che a sua volta si riflette nella instabilità della relazione (esserci con), la quale infine mina profondamente le possibilità generative e progettuali della relazione stessa (esserci per).
Questi fenomeni, unitamente al tema della “velocità”, sono alla base della profonda crisi della relazione interpersonale, che sempre più acquista modalità “liquide”, indefinite, instabili e provvisorie. In questo senso la tecnomediazione della relazione (chat, blog, sms, social network) offre all’uomo del III millennio una risposta formidabile e affascinante: alla relazione si sostituisce la “connessione”, che costituisce la nuova privilegiata forma di relazione interpersonale. E’ fluida, consente espressioni narcisistiche di sé, esalta l’ “eclipsi emotivismo”, è provvisoria, liquida e senza garanzie di durata, è ambigua e indefinita: la connessione (cioè l’insieme della tecnomediazione della relazione grazie alla tecnologia digitale) è dunque la più straordinaria ed efficace forma di relazione per l’uomo “liquido”.
Possiamo dire che stiamo assistendo a una vera e propria mutazione antropologica: i bambini di oggi definiti “mobile born”, sono sottoposti a profonde, pervasive e precoci immersioni nella tecnologia digitale che causano vere e proprie mutazioni del sistema cervello-mente. Anche la costruzione dell’identità cambia e passa attraverso l’estensione tecnologica.

2.    LA PSICOTERAIA NELL’ERA TECNOLIQUIDA

Questi cambiamenti hanno generato dunque, come già accennato, una nuova post-modernità: quella tecnoliquida, con caratteristiche diverse rispetto al passato. Oggi molte forme di psicoterapia sono diventate incomprensibili per l’individuo tecnoliquido, così come molte parole psicologiche, perché al di fuori della loro esperienza personale.
La psicoterapia necessita, quindi, di entrare nella logica tecnoliquida, tenendo conto di 4 primati importanti:
1)    Primato della psicoterapia come evento emozionale
2)    Primato della fruibilità intermittente della psicoterapia come amplificazione delle singole parti della propria vita.
3)    Primato della sovranità della soggettività del paziente
4)    Primato della soggettiva sovranità del cambiamento del paziente

Il primato della psicoterapia come evento emozionale parte dal fatto che Guidano intendeva affermare una nuova concezione della conoscenza, non più intesa come il risultato dell’attività cognitiva della mente, ma costruita dalla mente stessa sulla base dell’esperienza emozionale. L’elaborazione logica e razionale si attiverebbe a partire da una matrice fatta di sensazioni ed azioni e strutturerebbe convinzioni e pensieri, significati e spiegazioni, funzionalmente coerenti con l’esperienza emotiva. Da ciò emerge l’importanza delle emozioni che sono alla base di ogni esperienza soggettiva. Nell’ottica tecnoliquida eventi, relazioni, azioni che non suscitano emozioni, e che non siano emozioni “forti”, potrebbero essere percepiti come “non esistenti” nel campo soggettivo. L’individuo sembra teso, quindi, verso una continua ricerca di emozioni forti (seensation seeking), senza le quale avrebbe la sensazione di non esistere e di non vivere.
Viviamo nell’epoca dell’emotivismo, eppure siamo nel momento del maggior analfabetismo emotivo della dimensione umana. I mobile born, infatti, sembrano abili nel rappresentare l’emozione ma meno nel riconoscerla e ancor meno nel viverla.  Le emozioni rappresentate non sono lineari ma multiple e anche contrastanti.
In questa prospettiva, la psicoterapia dovrebbe riscopre il primato del “fatto psicoterapeutico” come “fatto emozionale”, in grado di cambiare la persona: in caso contrario la terapia non avrebbe senso di esistere. E’ in quest’ottica che parliamo di “Primato della psicoterapia come evento emozionale”. L’esperienza post razionalista, quindi, ha tanto da dire: può restituire dimensioni emozionali come fonte di costruzione e conoscenza in maniera straordinaria ed è in grado di rispondere alle necessità conoscitive dell’ottica tecoliquida.

“Il primato della fruibilità intermittente della psicoterapia come amplificazione delle singole parti della propria vita” parte dal concetto di velocità. Gli immigrati digitali hanno costruito la propria esperienza all’interno della dimensione spazio-temporale, invece oggi l’esperienza dei mobile born entra nella dimensione spazio-velocità, il tempo non esiste più. I nostri pazienti sono sempre più veloci e richiedono anche al terapeuta la stessa velocità: l’imperativo è tutto e subito. Per ottenerlo utilizzano anche una “comunicazione marginale”, attraverso SMS, profili facebook, whatsapp, chat, skype, ecc., svelando una identità frammentata e mutevole anche in funzione del canale utilizzato. Inoltre, al terapeuta viene richiesto di decodificare gli stati d’animo del paziente non attraverso la narrazione dello stesso, che necessita la comprensione previa del proprio stato d’animo, ma attraverso la sua rappresentazione (mostrare un dialogo in chat, un profilo). Questo stile di comunicazione è efficace e terapeutico nelle prospettiva di una identità in continua trasformazione e nella consapevolezza di una analfabetizzazione dell’emozione che va quasi verso una sorta di alexitimia collettiva.
Il contributo post-razionalista si caratterizza per modalità operazionali estremamente flessibili, in grado di accogliere richieste frammentate senza necessariamente richiedere narrazioni complete ed esaustive.

Altro paradigma importante è: “il primato sovranità della soggettività del paziente”. Il paziente chiede, al di là di tutte le possibili interpretazioni che possono delinearsi in terapia, di far emergere il suo modo di vedere le cose. Ciò che conta è la sua soggettività, indagabile attraverso una forma di negoziazione delle narrazioni individuali. A partire dalle emozioni che prova e dalle spiegazioni che da all’esperienza vissuta, la persona ha bisogno di esprimere il modo in cui soggettivamente organizza la sua esperienza personale: solo così è possibile una profonda comprensione da parte del terapeuta che dovrebbe entrare nella logica del dialogo tra “il me e l’io” del paziente.
In altri termini occorre restituire al paziente una “sovranità” del suo mondo soggettivo, per indagare il quale è necessario utilizzare modalità di “negoziazione” dialogica delle narrative personali, che consentano al terapeuta di entrare nel mondo interiore del paziente. Una di queste modalità è proprio la “tecnica della moviola” di Guidano.
La moviola è la tecnica di base di Guidano sulla quale si fonda l’Auto-Osservazione Strategica, che è la tecnica centrale del Cognitivismo- Interpersonale (Cantelmi 2009),  questa è la procedura di base per il monitoraggio e l’auto-osservazione delle attività cognitive, caratterizzate dalla negoziazione dialogica tra narrative personali.  Nella moviola il procedimento principale consiste nell’analizzare determinate situazioni, scomponendole e ricomponendole in base alla sequenza di eventi corrispondenti, con modi e finalità diverse a seconda delle fase della terapia. Un intero evento è costituito da un insieme di “unità sceniche”, ognuna delle quali è composta da evento, azione e reazione e da uno stato emotivo corrispondente.
Il paziente viene addestrato a ricostruire le situazioni nelle corrispondenti unità sceniche – con eventi, azioni e stati interni- e a mettere in sequenza le unità sceniche fino a ricostruire la situazione completa.
Fatto ciò viene allenato a visionare la scena da un capo all’altro, in modo da riuscire a percorrerla tutta quanta dall’inizio alla fina e viceversa.
Risulta cruciale a questo riguardo la capacità di rallentamento nella visualizzazione, cioè la possibilità di attraversare lentamente le scene (come se fossimo in moviola, appunto) così da riuscire a soffermarsi di volta i volta sui passaggi, che riteniamo emotivamente più significativi per il paziente. Il rallentamento avvia un processo di de-automatizzazione del modo abituale di elaborazione percettiva, rendendo possibile una maggiore attenzione a dettagli anche minimi che, usualmente, sfuggirebbero alla consapevolezza.
La successiva elaborazione dell’Auto-Osservazione Strategica è debitrice nei confronti del contributo di Lenzi e Bercelli (2010), entrambi studenti del Training Quadriennale di psicoterapia Cognitiva condotto da Vittorio Guidano ed esperti di Analisi Conversazionale (il secondo) e di analisi linguistica dei processi terapeutici secondo il modello di Bandler e Grinder e di Adult Attachment Interview (il primo). Questi autori hanno avuto il merito di applicare queste conoscenze allo studio delle sedute di terapia di Vittorio Guidano estrapolandone le linee guida generali, le fasi e le tecniche della procedura principale.

“Il primato della soggettiva sovranità del cambiamento del paziente” è da tenere in considerazione poiché esalta la persona in quanto individuo con risorse che permettono una modificazione di se stesso. In questa prospettiva il cambiamento è possibile, quindi, attraverso forme di viabilità interiori che appartengono alla persona stessa al di là dell’azione del terapeuta. In altri termini anche il cambiamento, come già l’esperienza soggettiva, trova la sua sovranità non certo in “modelli interpretativi” del terapeuta, ma in percorsi interiori che rispondono ad una viabilità individuale del tutto personale.

Questi possono essere considerati come i 4 primati della psicoterapia rivisti, utilizzati e rimessi in gioco all’interno del mondo tecnoliquido e rintracciabili nel mondo post-razionalista.

3.    CONCLUSIONI
Molte osservazioni suggeriscono che stiamo transitando verso una post- modernità caratterizzata non solo da una “liquidità” delle forme umane, ma anche da una rivoluzione digitale dotata di una potenza mutagenica, che delinea contorni psicosociali discontinui e in parte imprevedibili.
Questa postmodernità è stata definita “tecnoliquida”. In questo scenario si ergono forme di disadattamento che assumono aspetti, almeno in parte, nuovi, sulla base di caratteristiche antropologiche e psicosociali di non facile interpretazione. La psicoterapia, intesa in generale come risposta psicologica alle sofferenze dell’umanità, è rimasta in gran parte ferma, cristallizzata in tecniche che non riescono a cogliere e ad includere il cambiamento psicosociale in atto e soprattutto l’attuale mutazione antropologica.
Il contributo di Guidano in particolare e il contributo post-razionalista in generale, (tra cui quello definito “cognitivo- interpersonale”) sembra tuttavia in grado di offrire una risposta efficace alle esigenze della post-modernità tecnoliquida attraverso l’enucleazione dei 4 primati descritti in precedenza.

4.    BIBLIOGRAFIA
Cantelmi T., Tecnoliquidità, Edizioni San Paolo 2014
Cantelmi T., Manuale di Psicoterapia Cognitivo – Interpersonale, Edizioni Alpes, 2009
Lenzi S. e Bercelli F., parlar di sé con un esperto dei sé, Edizioni Eclipsi 2010