Fonte: korazym.org del 23/07/2021

 

 Il prof. Cantelmi è docente di Psicopatologia presso l’Istituto di Psicologia dell’Università Gregoriana, professore a contratto di Psichiatria, corso di laurea in Scienze Infermieristiche presso la ‘Sapienza- Università di Roma’, professore di Cyberpsicologia e presidente dell’associazione Medici Cattolici Italiani di Roma (AMCI); con Maria Esposito è autore del volume ‘Il diaconato in Italia. Luci, ombre e prospettive: Dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato’, in cui spiega che per restituire al ministero diaconale il vero volto occorre, come ha detto il papa, “ripristinare le diaconie, intese come strutture sovra parrocchiali che fanno capo direttamente al vescovo e rispondono ai bisogni specifici del territorio. In questo modo i diaconi potrebbero operare anche come figure di ‘soglia’ e ‘ponte’ tra le persone e la Chiesa; ‘sentinelle’, ci ha definito Francesco”.

Il libro si articola in una prefazione di don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio per la pastorale delle vocazioni della Cei; un’introduzione e tre capitoli degli autori, seguiti da una postfazione di don Dario Vitali, direttore del Dipartimento di teologia dogmatica dell’Università Gregoriana; due contributi critici, rispettivamente di Enzo Petrolino e di p. Luca Garbinetto, oltre al discorso ai diaconi romani di mons. Giampiero Palmieri, vice gerente della diocesi di Roma.
Nell’appendice la presentazione di una ricerca sperimentale condotta attraverso un questionario somministrato a 250 persone tra i 15 e i 90 anni, abituali frequentatori di parrocchie.
E proprio dalle risposte al questionario emerge la percezione di ‘insignificanza’ del ministero diaconale, citata dagli autori nel titolo del volume, e spunto per l’analisi del prof. Cantelmi, a cui chiediamo di spiegarci di quale ‘nuova intelligenza’ ha bisogno il diaconato: “Secondo una ricerca che ho coordinato e che è stata pubblicata nel libro ‘Il diaconato in Italia’ (edizioni San Paolo, 2021), il diacono è una figura in gran parte insignificante per la società italiana e vissuta dai fedeli praticanti come una sorta di aiuto-parroco. Questo sicuramente dipende dai diaconi stessi, ma a mio parere è legato ad un equivoco: l’orizzonte del diacono non è la parrocchia e il parroco, ma la diocesi ed il vescovo.
I diaconi sono ordinati per il servizio e non per il ministero. Dunque sono ordinati per le necessità delle diocesi perchè nessuno resti indietro e sono occhi e mani per i loro vescovi. Troppo clericalismo è ancora presente, come ha detto Papa Francesco ai diaconi romani ricevuti in udienza il 20 giugno scorso”.
In quale modo il diacono può essere ‘sentinella’?
“In quell’udienza del 20 giugno, il papa ha usato questa immagine per indicare che tutta l’attenzione dei diaconi deve essere rivolta a riconoscere per la Chiesa intera ogni forma di povertà. Io la vedo così: una sentinella che non si addormenta rivolge tutta la sua attenzione per scrutare lo spazio che deve sorvegliare. Ecco, un diacono è la sentinella delle povertà della diocesi che è chiamato a servire”.
A quale servizio nella Chiesa è chiamato il diacono?
“A mio parere il diacono non è chiamato per ‘pavoneggiarsi nella liturgia’ o per essere un ‘mezzo prete’ (come ha detto papa Francesco), ma piuttosto per essere competente nell’accoglienza delle varie povertà e nell’amministrazione della Chiesa: in altri termini, il presbitero presiede l’Eucarestia e il diacono serve la comunità”.
In quale senso la Chiesa è costitutivamente diaconale?
“I diaconi in Italia sono quasi 5000 e potrebbero costituire i veri ‘animatori’ del servizio, perchè tutta la chiesa sia anche diaconale. Riporto proprio le parole di papa Francesco a noi diaconi romani: ‘Come ho parlato di Chiesa costitutivamente missionaria e di Chiesa costitutivamente sinodale, così dico che dovremmo parlare di Chiesa costitutivamente diaconale’. Se non si vive questa dimensione del servizio, infatti, ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza. I diaconi ricordano alla Chiesa che è vero quanto scoprì Santa Teresina: la Chiesa ha un cuore bruciato dall’amore. Sì, un cuore umile che palpita di servizio”.