Fonte: L’OSSERVATORE ROMANO del 10/04/2021

In ambito ecclesiale il dibattito sul diaconato è oggi molto vivo e ciò testimonia due dati di realtà fra loro diversi. Da una parte, la consapevolezza della rilevanza che tale ministero ha assunto dopo il concilio e, dall’altra, la diffusa insoddisfazione per l’attuale stato delle cose. Il testo di Tonino Cantelmi e Maria Esposito, Il diaconato in Italia. Luci, ombre e prospettive: dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2021, pagine 208, euro 16) si inserisce in questo quadro con una sua peculiare, duplice fisionomia. Da un lato, infatti, la prima parte del volume è costituita da tre densi capitoli degli autori, più una prefazione di Michele Gianola, una postfazione di Dario Vitali e due contributi critici, rispettivamente di Enzo Petrolino e Luca Garbinetto, con il discorso dell’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi di Roma, ai diaconi romani. Dall’altro lato, invece, la seconda parte raccoglie, interpreta e commenta i risultati di una ricerca sperimentale condotta somministrando un questionario, articolato anche per fasce di età, a duecentocinquanta persone che gravitano nell’orbita delle parrocchie.

Il titolo sintetizza perfettamente il contenuto perché l’insignificanza, come fotografia del presente, è quella che emerge dalla lettura della stragrande maggioranza dei questionari, pur essendo essi rivolti a soggetti non estranei al contesto ecclesiale. L’attuale situazione del diaconato, in Italia e non solo, è, in effetti, ancora lontana dall’aver recepito i radicali segni di svolta portati dal concilio e il diacono non è tuttora percepito come un ministro con una sua rilevante autonomia nel legame prioritario con il vescovo. Egli è per lo più visto come un aiutante del parroco e a lui subordinato in compiti prevalentemente di supplenza, senza che sia riconosciuta la specificità del suo ministero che è per il servizio.
L’insignificanza, quindi, scaturisce dall’incomprensione e le ragioni di ciò sono indubbiamente molteplici e non riguardano solo il diaconato ma, più ampiamente, il significato e il valore dell’intero ministero ordinato, nel suo rapporto con il sacerdozio comune di tutti i fedeli.
Porsi la questione della rilevanza del diaconato può, così, offrire un’utile occasione per un ripensamento complessivo e approfondito del senso del ministero, superando le derive clericaliste tuttora operanti e sovente fatte proprie dagli stessi laici. In questo quadro il diaconato deve essere riletto in una prospettiva che, recependo le affermazioni del concilio, sappia individuare nuove piste capaci di valorizzare una figura ancora largamente incompresa nella sua specificità e nella sua capacità di portare un contributo di primaria rilevanza alla vita ecclesiale. Il diaconato, in quanto ministero per il servizio, può costituire un segno profetico e privilegiato di quella che è la vocazione dell’intero popolo di Dio, dalla quale non sono esclusi né i ministri ordinati, né i fedeli laici.
È necessario, quindi, mentre ci si proietta verso il futuro per individuare nuove strade da percorrere, saper tornare alle origini, alla vita delle prime comunità cristiane per cogliere in esse le tracce di una presenza feconda e non appiattita, per sottrazione, su quella del presbitero.
Si inquadra qui anche l’attuale, vivo dibattito sul conferimento del diaconato alle donne e, al di là di quelli che saranno i risultati della seconda commissione ora al lavoro, la questione è sempre la stessa: andare oltre il clericalismo e riconoscere la specificità del contributo delle donne a una Chiesa che, se vuole essere realmente sinodale, non può escludere dal suo cammino più della metà del popolo di Dio.
Gli autori del volume considerato affermano che è necessario restituire il diaconato ai diaconi, mentre nella postfazione si dice che il diaconato deve essere restituito alla Chiesa: le due affermazioni non si contraddicono ma, insieme, rilevano l’attuale situazione nella quale è urgente che il diacono possa agire ed essere percepito come un ministro insostituibile nella sua peculiare vocazione al servizio.
di Giorgia Salatiello