"La Discussione" intervista il Prof.Tonino Cantelmi

Fonte: La discussione del 29/01/2012


Pubblicato il 30/01/2012

Chi l’ha detto che lo studio della psiche umana non può andare a braccetto con la Fede? L’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri cattolici (Aippc) è un’associazione cattolica senza scopo di lucro costituita da circa 400 soci ordinari e da oltre 1500 aderenti e simpatizzanti la cui mission è proprio quella di coniugare questi due mondi apparentemente non collegati tra di loro. Fondato nel 1998 da alcuni diaconi permanenti e da fedeli laici - tutti professionisti operanti nell’ambito della salute mentale - il sodalizio favorisce il dibattito sulle premesse antropologiche che sottendono la prassi professionale, nonché la formazione degli operatori. Ne abbiamo parlato con il presidente, professor Tonino Cantelmi.

Cosa comporta la vostra opzione per una psicologia non disgiunta dalle profonde verità sull’uomo, nella sua realtà di mistero e di immagine di Dio?

L’Aippc ha rotto due tabù. Il primo era costituito dalla “diffidenza” della Chiesa verso la psicologia, percepita come troppo lontana da una antropologia cristiana e come portatrice di visioni antropologiche implicite e a volte contro l’uomo. Si pensi al determinismo freudiano: davvero l’uomo è prigioniero di “istinti” che lo determinano in modo coercitivo e inesorabile? Davvero vicende infantili precoci “determinano” uno sviluppo fatalmente immodificabile? Davvero l’uomo è “vittima” di un inconscio tirannico ed imprevedibile? Oppure si pensi al concetto di autorealizzazione di alcune psicologie umanistico-esistenziali: davvero l’uomo felice deve soddisfare ogni suo bisogno per auto-realizzare se stesso? Il secondo tabù ha coinvolto psichiatri e psicologi: davvero la dimensione spirituale e religiosa dell’uomo può essere ignorata o irrisa o addirittura considerata psicopatologica, secondo la logica riduzionista e scientista che ha dominato nel recente passato la teoria e la prassi psicoterapeutica? Oggi penso che i due tabù siano crollati. Nel 2000, in occasione del Giubileo, l’Aippc fu scelta come un esempio di diaconia moderna per l’uomo d’oggi e io fui chiamato a presentarla ai diaconi di tutto il mondo nell'aula Nervi. E d’altro canto il fattore spirituale e religioso è stato ampiamente sdoganato dal cono d’ombra in cui è stato rilegato, come dimostrano le numerose pubblicazioni scientifiche sul tema. Oggi la maggior parte dei terapeuti si impegna nel rispettare la dimensioni valoriali dei pazienti anche nell'ambito spirituale e religioso. Su questi temi abbiamo pubblicato moltissimo e sono ben riassunti in un libro dal titolo “Cattolici e Psiche” delle edizioni San Paolo, cui hanno contribuito psicologi e psichiatri cattolici e non.

È vero che le donne che hanno abortito registrano l’81 per cento di aumento del rischio di soffrire di problemi mentali?

Questo è un altro argomento tabù che abbiamo affrontato. L’Ivg (interruzione volontaria della gravidanza) è un fattore di rischio per la salute mentale della donna. Lo dimostrano numerose ricerche internazionali. In Italia questo tema è stato colpevolmente taciuto. Abbiamo raccolto dati, testimonianze, riflessioni e studi e con il contributo di molti ricercatori pochi mesi fa abbiamo pubblicato tutto (“Maternità interrotte” Edizioni San Paolo). Tuttavia ancora reclamiamo una corretta informazione. La donna che decide di abortire deve sapere che l’igv è un fattore di rischio per la sua salute mentale: incrementa il rischio di depressione e di comportamenti autolesivi e di numerose psicopatologie. Questo deve essere detto in tutti i luoghi dove si autorizza l’aborto.

Internet e la Tv offrono una immagine del sesso che può turbare l’equilibrio dei minori: cosa si può fare per tutelarli?

Anche questa è una battaglia che stiamo conducendo. I dati da noi raccolti indicano che i bambini vengono in contatto in modo troppo precoce e troppo pervasivo con immagini e contenuti nettamente sessuali. Questa clamorosa erotizzazione dell'infanzie è piena di conseguenze negative sullo sviluppo psico-affettivo dei bambini. Si tratta di un grave abuso all’infanzia, perpetrato nell'indifferenza degli adulti e delle istituzioni. Tuttavia qualche segnale positivo c'è: alcuni mesi fa, in seguito alle nostre denunce, la Commissione Parlamentare per l’Infanzia ci ha audito. È stato impressTonino Cantelmi, psichiatraionante vedere lo sconcerto dei parlamentari quando abbiamo snocciolato i dati sulla pornografia e sul suo impatto attuale su bambini e adolescenti. L’erotizzazione dell'infanzia è un furto: Tv, internet, pubblicità, film e riviste con la complicità del silenzio di adulti e genitori stanno rubando la possibilità di uno sviluppo sano ad una intera generazione. Perché la famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, non è più al centro del dibattito politico e culturale?

La famiglia ha subito una infinità di attacchi. Negli anni ‘70, ad esempio, la psicologia sembrava accanirsi sulla necessità di dimostrare che la famiglia fosse il luogo della patologia mentale. Un caso per tutti, quello dell'autismo. Per un ventennio i genitori furono colpevolizzati: l’autismo, si diceva, era causato da genitori incompetenti. Nulla di più sciocco e di più ideologico: l’autismo è una patologia a genesi neurobiologica. Negli anni successivi si colpevolizzò la famiglia indicandola come il luogo della violenza e dell’abuso sui bambini. Oggi sappiamo che la famiglia è il principale fattore protettivo dell’abuso: l’abuso è là dove non c’è famiglia. L’ultimo decennio è stato caratterizzato dal tentativo di mettere in crisi l'identità stessa della famiglia. Come giudica l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari?

In Italia tendiamo a fare riforme di grande civiltà senza gli strumenti adeguati. È ovvio che ogni persona affetta da disturbi psichici debba ricevere le giuste cure nel pieno rispetto della sua dignità. È altrettanto ovvio che laddove il disturbo psichico è correlato a comportamenti gravemente antisociali occorra coniugare l'esigenza di cura con la esigenza di controllo sociale. Credo quindi che, in assenza di adeguate risorse e di strutture territoriali idonee per pazienti psichiatrici che abbiano emesso comportamenti gravemente antisociali, faremo la solita riforma all'italiana: già recentemente un paziente dimesso da un Opg e accolto in una Comunità Terapeutica a Roma ha ferito e ucciso di nuovo. Non è colpa sua, ma di un sistema cieco e ideologico. Negare la patologia mentale e la sua gravità non giova ai pazienti in primo luogo.

di Carmine Alboretti

Fonte: La Discussione  - 29/01/2012