Oscurato su Facebook il gruppo contro i bambini con la sindrome di Down

Fonte: Radio Vaticana


Pubblicato il 22/02/2010

 

Radio Vaticana intervista il Prof. Cantelmi

Ascolta l'intervista: Intervista Cantelmi Radio Vaticana E' stato oscurato il gruppo-choc su Facebook intitolato “Deridiamo i bambini Down”, che in poche ore aveva ottenuto oltre 1.300 adesioni. All’interno del sito la foto di un neonato e l’invito a "giocare al tiro al bersaglio”. “Questi gruppi rappresentano un fatto grave generato da una cultura crescente che denigra il più debole” ribadisce Tonino Cantelmi presidente degli psicologi psichiatri cattolici italiani. Paolo Ondarza lo ha intervistato: R. – La rete nel suo insieme è un sistema che altera il livello tra pubblico e privato, quindi abbassa molto la soglia di percezione della responsabilità del proprio agire e quindi consente di dire delle cose che probabilmente mai sarebbero dette in pubblico. Questo fa sì che persone che possono provare impulsi anche negativi – pensiamo per esempio a tutta l’area pedofila, che si sviluppa in rete – possano esprimere pensieri e trovare persino persone che si aggregano a questo. D. – Cose che non sarebbero mai dette in pubblico, ma che si vorrebbe dire in pubblico... R. – I soggetti tendono a dire delle cose intime, personali, a volte anche degli impulsi negativi, delle idee negative, con una facilità estrema. Su queste idee si vanno ad aggregare poi persone altrettanto facilmente influenzabili, in una sorta di gioco alla deresponsabilizzazione. Poiché in rete molte persone non percepiscono il proprio agire come un qualcosa che ha delle conseguenze, tendono a dire e a fare delle cose estremamente negative. D. – Quasi come fosse uno sfogo senza conseguenze, anche se poi in realtà delle conseguenze ci sono, nel senso che poi viene reso pubblico un pensiero che può fare veramente del male... R. – In questo senso dico che la rete ha delle responsabilità, perché appunto favorisce la deresponsabilizzazione e favorisce l’impulsività, favorisce anche l’emergere di tutta quella negatività, che è comunque nell’uomo, ma più che emergere poi l’amplifica, l’accelera e la ingrandisce a dismisura. Io direi che in rete dovremmo avere un’etica maggiore nel comportarci, perché quello che diciamo in rete poi arriva in tutto il mondo. D. – Ma lasciare le cose come stanno, quindi non intervenire su una regolamentazione del web, potrebbe far sì che poi certi concetti, appunto aberranti, passino come normali? R. – Non c’è dubbio che ciò che avviene nella vita virtuale poi vada ad influenzare quella reale e lasciare le cose così come stanno non farebbe altro che contribuire all’imbarbarimento della civiltà cui stiamo assistendo in questi ultimi anni. Questo gruppo sorto su Facebook è semplicemente l’epifenomeno di una cultura della denigrazione del diverso, che è molto più diffusa di quello che immaginiamo e che riguarda purtroppo anche gli altri strumenti di comunicazione, in modo particolare la tv, che propone dei modelli irraggiungibili e distrugge tutto ciò che è debole, tutto ciò che è diverso, tutto ciò che in qualche modo non è commerciale. D. – In una società, che è tanto attenta giustamente alla promozione dei diritti umani, del più debole, del diverso, poi tali diritti vengono cancellati con un clic... R. – Questo tipo di contraddizione viene favorita dallo strumento: lo strumento consente con un clic appunto di ricominciare da capo. Quindi, immaginiamo quello che succede nei videogiochi, dove si trasmette la possibilità di fare qualunque cosa, anche la peggiore, e poi di poter ricominciare da capo. Tutto questo determina una forza di desensibilizzazione rispetto all’aggressività, rispetto alla violenza, rispetto al rispetto dei valori.

Fonte: http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=358943