La google generation criminale: i giovani della camorra su Facebook

Fonte: Cahiers de Narratologie, 2019


Pubblicato il 30/12/2019

Proponiamo l'articolo "La google generation criminale: i giovani della camorra su Facebook", una ricerca che applica lo «sguardo storico» (Gruzinski, 2016) all’uso di Facebook da parte dei ragazzi affiliati ai clan di camorra. Nel saggio l'autore descrive il fenomeno dell'iperconessione alla rete citando il prof. Cantelmi: "parliamo di una rivoluzione digitale perché la tecnologia è diventata un ambiente in cui vivere, un'estensione dello spirito umano, un mondo intrecciato con il mondo reale e che determina la vera ristrutturazione cognitiva, emotiva e sociale dell'esperienza, un mondo che può ridefinire la costruzione di identità e relazioni, nonché l'esperienza degli individui".

L'articolo è stato anche tradotto e pubblicato in lingua francese sulla rivista "Cahiers de Narratologie".
 
Autore: Marcello Ravveduto 
 
Abstract
Il saggio presenta una ricerca sull’uso dei social network da parte dei giovani affiliati ai clan di camorra o più generalmente di ragazzi borderline suggestionati dall’immaginario mafioso. Attraverso l’analisi qualitativa dei post, delle fotografie e dello sharing di contenuti digitali si ricostruisce l’attivismo social della prima Google generation criminale. Dall’abbigliamento ai tatuaggi, dai selfie ai meme, dall’uso gergale di emoji e hashtag alle dirette streaming, dalle immagini religiose alla musica underground (neomelodica-rap-trap) emerge un mush up subculturale in cui oggetti e concetti danno luogo a una sequenza simbolica originale che racconta l’orgoglio della diversità criminale. Parole e icone acquistano una funzione polisemantica che racconta sia la mentalità individuale, sia quella della comunità di appartenenza. Dall’analisi dei profili Facebook si può notare come la semantica della violenza rimanga centrale nel codice simbolico mafioso. Anzi, il codice si rinnova grazie alla simultaneità, all’efficacia e all’esemplificazione di informazioni che trasmettono un complesso spettro emozionale in luogo di concetti empatici troppo difficili da esprimere con le sole parole (soprattutto per chi ha un basso grado di scolarizzazione ma una buona predisposizione al “mestiere” digitale). La pratica dello sharing è lo snodo di un sistema di comunicazione bidirezionale: « parla » al gruppo di giovani affiliati e ragazzi borderline (intra-comunicativo) e invia messaggi minacciosi al mondo esterno (extra-comunicativo). In tal senso svolge una funzione di mediazione tra l’immaginario criminale globalizzato e la mentalità mafiosa locale e nazionale, gettando un ponte tra due contesti solo apparentemente distanti.
 
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