Il fallimento della funzione educativa

Fonte: RomaSette del 19/07/2020


Pubblicato il 24/07/2020

Ragazzini buoni, 15 e 16 anni, ingenui. Terni, una piccola città. Famiglie per bene. Nessun degrado, anzi, parrocchia, sport, scuola e famiglia. E allora, cosa non ha funzionato, dove si è inceppato il meccanismo, cosa ha generato il bisogno di assumere quella droga sdoganata da certa musica rap, quella “roba” americana, fatta di metadone, codeina e qualche altro farmaco, tutto a basso costo, ma micidiale perché arresta il respiro?


Che valore dare alle parole di persone importanti di quella comunità cittadina, al mea culpa del procuratore, colui che ha condotto le indagini, al grido del parroco, che ha celebrato il funerale, allo sconcerto del sindaco e di tanti adulti, che hanno elevato il coro “è colpa nostra”? Come valutare l’incredibile contraddizione nella vita di questi ragazzini, bravi e buoni, eppure, a detta di altri ragazzini, capaci di dimestichezza inusuale con droghe di strada e persone di strada? Ci sono molte considerazioni che possiamo fare. Anzi, dobbiamo fare.
La prima: nonostante gli sforzi, la comunità degli adulti, nella sua funzione educativa, non è capace di parlare alle comunità dei bambini e degli adolescenti, che non si ribellano più in modo evidente, anzi, paiono persino accondiscendenti. Ma i valori degli adulti non permeano il cuore dei nostri figli, gonfio di messaggi che, tra pari, attraverso i loro coetanei influencer, si trasmettono fra loro. E sono messaggi simili ai contenuti rap: sesso, droga, successo, soldi, superficialità e disimpegno, conditi da una indignazione di maniera e un netto rifiuto del mondo degli adulti. Non più ribellione, ma indifferenza verso il mondo adulto, evidentemente troppo inconsistente, deludente e contraddittorio per affascinare ragazzini disillusi. Ammettiamo il fallimento della funzione educativa che la comunità degli adulti dovrebbe svolgere. Il solco è profondo: i nostri figli conoscono il mondo attraverso altri ragazzini, influencer, leader del web, i cui video, visualizzati milioni di volte su mille social, dispensano vere e proprie visioni della vita e del mondo. E gli adulti? Sembriamo condannati all’insignificanza.


Queste parole che sto scrivendo saranno lette da adulti più o meno indignati e preoccupati, ma probabilmente non arriveranno ai nostri figli. Genitori, insegnanti, preti, educatori: la sensazione di non arrivare al cuore dei nostri figli è bruciante. Insomma la comunità dei bambini e degli adolescenti costruiscono la conoscenza del mondo in modo autonomo, tecnomediato e autoreferenziato. A questo dobbiamo aggiungere una seconda considerazione. Tutto è troppo precoce, troppo rapido e troppo veloce. I nostri figli vengono a contatto con una quantità enorme di ogni tipo di informazione troppo precocemente e senza mediazioni sagge da parte di adulti equilibrati e maturi. I nostri figli conoscono la codeina molto meglio dei loro genitori. E sanno come mescolarla. E sanno che effetti fa. E rischiano. Ma credo che sia decisiva una terza considerazione.
La verità più bruciante è che noi adulti non sappiamo più quello che i nostri figli vivono: gran parte della loro vita ci è sconosciuta, non ne capiamo il linguaggio, i gusti, le motivazioni dell’agire, i desideri e i sogni.

E i nostri figli non capiscono noi. Ma il punto centrale di tutto ciò è la inconsistenza degli adulti: adultescenti, così definiamo gli adulti di oggi, ancora immersi nelle loro irrisolte problematiche adolescenziali, incapaci di assumersi la responsabilità del prendersi cura in modo autentico dei figli. In una recente ricerca i due terzi dei ragazzi dichiaravano di essere preoccupati per i loro genitori, troppo fragili e problematici. La faccenda di Terni non è ascrivibile alla pur evidente fragilità di ragazzini ingenui, ma alla molto meno evidente, ma ben più devastante, fragilità del mondo di noi adulti.