Le città invivibili

"La Società" - Rivista scientifica della Fondazione Toniolo N.1/2011


Pubblicato il 11/07/2011

A cura di Tonino Cantelmi - Universita Gregoriana Roma - Presidente ITCI Marco Schicchitano - psicoterapeuta ITCI

Cos’ è oggi la città, per noi?” Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili, sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili[1]”.

 

A distanza di più di trenta anni dalla pubblicazione di Le città invisibili di Calvino, possiamo osservare quanto queste parole siano sensate e reali ora, nelle nostre città. Spesso infatti, l’intuito e la sensibilità degli artisti anticipano le osservazioni degli scienziati ed effettivamente oggi molte analisi attestano uno stato di malessere nelle città e nella società moderna. Secondo il Libro Verde sulla salute mentale il 27% dei cittadini europei adulti, almeno una volta, ha sofferto di una qualche patologia mentale, e si stima che entro il 2020 la depressione sarà la causa di malattia più frequente nei paesi industrializzati[2]. Molti specialisti nel settore dell’assistenza psicologica dichiarano che “l’ondata di richieste d’aiuto, riflette l’angoscia di un’intera popolazione[3]”, la popolazione delle città. La città è divenuto il luogo dove si esprime il malessere dell’uomo moderno.

 

 

1               Introduzione

 

Criterio sommo di perfezione e bellezza è l’armonia e, per molti, massima espressione dell’armonia è l’uomo. Durer, Leonardo e altri sono artisti che hanno indagato e celebrato le proporzioni del corpo umano indicando nelle sue misure e relazioni il punto di riferimento per qualsiasi arte plastica o visiva. Riferirsi all’armonia del corpo umano, porre l’uomo a misura di tutte le cose, è un’idea centrale nel pensiero occidentale che ha influenzato anche l’urbanistica di varie epoche: le città venivano costruite prendendo come modello strutturale o punto di riferimento la conformazione del corpo umano. Per questo ogni città aveva un centro organizzativo ed amministrativo così come ogni corpo è governato dal capo e, similmente, vi era una linea di simmetria lungo la quale correva la principale via di comunicazione così come avviene lungo l’asse del corpo umano dove si trova la colonna vertebrale.

Evidentemente le politiche di amministrazione cittadina non si riferiscono più direttamente all’uomo come “mensura mundi”, né i piani regolatori moderni prendono a modello l’armonia strutturale del corpo umano per tracciare i progetti di urbanizzazione.

Tuttavia anche oggi la città parla sia dell’uomo che l’ha costruita sia dell’uomo che in essa vive e si forma. Concretamente, ad esempio, i molti fast-food presenti nelle metropoli permettono di dedurre che ci sono molte persone che non hanno tempo da dedicare alla preparazione del pasto; il successo delle discoteche, locali dove sembra essere portante la dimensione dello “stordimento” e la ricerca di emozioni travolgenti (volume della musica molto alto, luci stroboscopiche, droghe) indica nei giovani che cercano divertimento il bisogno di stimoli molto forti per svagarsi.

In questo senso possiamo dire che la città parla dell’uomo che la abita e riflettere su di essa aiuta a capire l’identità dell’uomo per il quale essa è costruita. L’anima della città è la visione antropologica imperante nella cultura di appartenenza.

Qual è la concezione di uomo che domina il panorama culturale e sociale della città moderna?

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[1] Calvino I. (1983), On Invisible Cities, «Columbia», n.8, pp. 37-42, in: Calvino I., Le città invisibili, p IX, Mondadori. [2] Commissione delle Comunità Europee (2005), Libro verde. Migliorare la salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea, p 4, Bruxelles [3] Benasayag M., Schmit G. (2004), L’epoca delle passioni tristi, p.9, Feltrinelli, Milano